Ieri mi sono imbattuto in un articolo un po' "spocchioso", ma che, a mio parere, ha colpito nel segno. Si parlava di come la fisica stia facendo strage tra gli aspiranti medici, con un titolo che è tutto un programma: Sì, la fisica fa da filtro. Tra chi studia e chi no.
Impossibile non immedesimarsi. Mi sono tornati in mente gli esami di analisi e fisica al POLIMI (lacrime e sangue!), e ho pensato ai miei studenti attuali. Insegno Telecomunicazioni agli Informatica e, diciamocelo, la fama di "materia impossibile" ce l'ha tutta. E forse è anche vero...
Così ho fatto un esperimento: ho chiesto a Gemini Pro di prendere quell'articolo e riscriverlo parlando di Telecomunicazioni. Il risultato? Quattro variazioni sul tema, tra il serio e il faceto. Ecco cosa ne è uscito:
Consiglio: se, come me, avete poca fiducia nell'onnipotenza dell'AI, NON proseguite la lettura.
Ogni volta che si parla di percorsi formativi in ambito tecnologico o di test di accesso per le facoltà di Informatica, si riaccende la polemica. Puntuali come un orologio di sistema, arrivano le lamentele di studenti e famiglie: «A cosa serve studiare la propagazione dei segnali o la trasformata di Fourier se voglio solo scrivere codice? Perché un futuro sviluppatore deve essere valutato su equazioni di campo e modulazioni di frequenza?».
È il classico ritornello che vorrebbe ridurre l'informatica a pura programmazione di alto livello, eliminando tutto ciò che "sta sotto" e che viene percepito come un ostacolo inutile. Eppure, difendere la presenza delle Telecomunicazioni nel curriculum di un informatico non è un atto di sadismo accademico, ma una necessità strutturale.
C'è un aspetto che spesso si sottovaluta: la materia "dura" – in questo caso le Telecomunicazioni – funge da formidabile filtro. Non è solo una questione di nozioni, ma di forma mentis. Chi non ha la pazienza, il rigore e la capacità di astrazione necessari per comprendere come un bit viaggia da un punto A a un punto B attraverso un mezzo fisico rumoroso, difficilmente avrà la tenuta mentale per gestire la complessità di grandi sistemi software distribuiti.
Dividono chi è disposto a studiare a fondo la realtà delle cose da chi cerca la scorciatoia. L'informatica non è magia: è logica applicata a macchine fisiche con limiti fisici. Ignorare la latenza, la banda o il rumore – domini delle telecomunicazioni – significa formare professionisti a metà.
L'obiezione più comune è: «Un bravo programmatore deve conoscere i linguaggi, i database, gli algoritmi. Il resto è superfluo». È un errore di prospettiva. Immaginiamo un informatico che deve progettare un'applicazione per lo streaming in tempo reale o un sistema per la guida autonoma. Se non comprende i concetti di jitter, perdita di pacchetti o i limiti fisici della trasmissione dati (tutti concetti di Tlc), il suo software sarà instabile o inefficiente.
Le Telecomunicazioni forniscono all'informatico la consapevolezza del "terreno" su cui costruisce i suoi castelli digitali.
Senza capire la rete, il cloud è solo una "nuvola" astratta.
Senza capire i protocolli di trasmissione, la sicurezza informatica è un colabrodo.
Infine, c'è il valore etico dello sforzo. Affrontare una materia ostica come le Telecomunicazioni obbliga lo studente a confrontarsi con i propri limiti e a superarli. Come nell'articolo originale si difendeva la Fisica per i medici come palestra di ragionamento, così le Telecomunicazioni per gli informatici sono la palestra dove si impara che i dettagli contano.
Un errore di calcolo nel dimensionamento di un canale non si risolve con un semplice "Ctrl+Z". Questa gravità, questa necessità di precisione assoluta, è esattamente ciò che vogliamo in chi domani gestirà i dati sensibili, le infrastrutture critiche e l'intelligenza artificiale delle nostre vite.
Quindi sì, ben vengano le Telecomunicazioni a fare da filtro. Perché tra chi studia per capire come funziona il mondo e chi studia solo per superare un esame, c'è tutta la differenza che passa tra un tecnico improvvisato e un vero scienziato dell'informazione.
Nel dibattito sulla ristrutturazione dei curricula universitari per i corsi di Ingegneria Informatica, emerge ciclicamente una critica verso i moduli di base, con particolare riferimento ai corsi di Telecomunicazioni e Teoria dei Segnali. La questione sollevata da parte della componente studentesca verte spesso su una presunta obsolescenza o scarsa applicabilità di concetti come l'analisi spettrale o la teoria dell'informazione rispetto alla pratica quotidiana dello sviluppo software high-level.
Tuttavia, considerare le Telecomunicazioni un mero scoglio burocratico è un errore di valutazione ingegneristica. Questa disciplina agisce come un filtro qualitativo necessario per validare l'attitudine alla complessità sistemistica.
Le Telecomunicazioni impongono un rigore metodologico che l'informatica puramente applicativa talvolta maschera dietro livelli di astrazione sempre più alti. Lo studio della propagazione dei segnali, del rapporto segnale-rumore (SNR) e dei limiti di Shannon costringe lo studente a confrontarsi con i vincoli fisici non negoziabili dell'hardware e del mezzo trasmissivo.
Chi non possiede l'elasticità mentale per modellare matematicamente un canale rumoroso difficilmente svilupperà le competenze analitiche necessarie per progettare architetture software resilienti e scalabili. Il filtro non è nozionistico, ma logico-matematico: serve a distinguere chi approccia il problem solving con metodo scientifico da chi si limita all'implementazione di pattern predefiniti.
L'argomentazione secondo cui un Software Engineer possa operare ignorando l'infrastruttura di rete è fallace, specialmente nell'era del Cloud Computing e dell'IoT (Internet of Things). Un'applicazione distribuita non è un'entità astratta: la sua efficienza è strettamente correlata alla latenza, al throughput e alla gestione della congestione di rete.
Ignorare i principi di modulazione e codifica significa non comprendere perché una connessione wireless degrada in ambienti multipath, compromettendo l'affidabilità di un servizio real-time.
Disconoscere i livelli bassi dello stack ISO/OSI porta alla creazione di codice inefficiente, incapace di gestire le risorse in scenari critici.
Le Telecomunicazioni forniscono, dunque, la consapevolezza dei "colli di bottiglia" fisici. Senza questa base, l'informatica rischia di produrre tecnici abili nella sintassi ma carenti nella semantica sistemistica.
In definitiva, il corso di Telecomunicazioni funge da stress test per le capacità cognitive del futuro informatico. Non si tratta solo di superare un esame, ma di dimostrare la capacità di gestire variabili continue in un mondo discreto. Questo filtro seleziona professionisti in grado di operare su sistemi mission-critical, dove l'ottimizzazione non è un lusso ma un requisito funzionale. Mantenere alta l'asticella delle competenze in ambito Tlc garantisce che il titolo di "Ingegnere Informatico" certifichi una reale padronanza della tecnologia, dal livello fisico fino all'applicazione utente.
Ah, la stagione degli esami. Quel magico periodo dell'anno in cui i corridoi delle facoltà di Ingegneria Informatica risuonano del pianto greco delle matricole. Il bersaglio? Sempre lui, il mostro finale, il "Drago" da abbattere: l'esame di Fondamenti di Telecomunicazioni.
La lagna è ormai un classico, un loop infinito peggiore di un codice scritto male: «Ma io voglio fare lo sviluppatore! Voglio creare app, voglio l'Intelligenza Artificiale, voglio fare i big money nella Silicon Valley! A che diavolo mi serve calcolare la densità spettrale di potenza o capire come un segnale rimbalza nella ionosfera?».
Caro aspirante Zuckerberg, siediti. Dobbiamo parlare.
Diciamocelo chiaramente: le Telecomunicazioni non sono lì perché i professori godono nel vedervi soffrire su trasformate di Fourier (o meglio, forse anche per quello, ma non è il punto principale). Sono lì perché fungono da filtro anti-fuffa.
L'informatica moderna è diventata troppo accessibile. Oggi chiunque abbia guardato due tutorial su YouTube e sappia centrare un div in una pagina web si definisce "Senior Software Engineer". Ecco, le Telecomunicazioni sono il muro di cemento armato contro cui si schianta l'illusione che l'informatica sia solo "assemblare pezzi di codice trovati su Stack Overflow".
Se non hai la tenuta mentale per capire come un bit sopravvive in un cavo rumoroso, come speri di sopravvivere al debug di un sistema distribuito alle tre di notte? Le Tlc separano chi vuole capire come funzionano le macchine da chi vuole solo usarle.
L'ironia suprema è che questi studenti, che schifano le equazioni delle onde, poi vivono idolatrando il "Cloud". Spoiler: il Cloud non è magia nera e non è fatto di vapore acqueo. È fatto di cavi, router, fibra ottica, antenne e protocolli di trasmissione. Cioè, è fatto di Telecomunicazioni.
Un informatico che ignora le Tlc è come un architetto che disegna grattacieli bellissimi ma non crede alla forza di gravità.
Il tuo codice è lento? «Sarà colpa del server». No, genio, è che stai intasando la banda perché non sai cos'è un pacchetto dati.
La videochiamata scatta? «Maledetto gestore». No, è che hai progettato un protocollo che ignora la latenza fisica.
Senza le basi di Telecomunicazioni, l'informatica diventa teologia: preghi che il messaggio arrivi a destinazione e accendi un cero al santo protettore del Wi-Fi.
Quindi, lunga vita alle Telecomunicazioni come sbarramento. Se studiare modulazioni e frequenze vi fa venire il mal di testa, è un ottimo segno: significa che il sistema immunitario dell'ingegneria sta funzionando. Sta respingendo chi cerca la via facile.
Perché, parliamoci chiaro: quando domani dovrò salire su un aereo gestito da un software o affidare i miei risparmi a un algoritmo bancario, spero vivamente che chi l'ha programmato abbia sudato sette camicie sull'esame di Segnali. Preferisco un ingegnere traumatizzato da Shannon che un programmatore "creativo" che pensa che la latenza sia solo un ritardo mentale del collega.
Studiare Telecomunicazioni serve a ricordarvi una grande verità: la realtà fisica esiste. E, a differenza del vostro codice, non potete cancellarla con un Ctrl+Z.
C'è una domanda che molti studenti di Informatica si fanno, spesso sbuffando sui libri aperti: «Ma io voglio solo creare app, videogiochi e siti web! Perché devo studiare questa materia difficilissima chiamata Telecomunicazioni? A che mi serve sapere come viaggia un segnale nell'aria o dentro un cavo?».
A prima vista, sembra una lamentela giusta. È come se un aspirante chef si lamentasse di dover studiare come funziona il forno invece di cucinare e basta. Eppure, quella materia difficile serve. E serve proprio a fare una selezione importante. Vediamo perché.
Immaginiamo che l'Informatica sia come costruire una bellissima automobile sportiva (il software, le app, i programmi). Gli studenti vogliono imparare a disegnare la carrozzeria, a potenziare il motore e a renderla velocissima. Le Telecomunicazioni, invece, sono lo studio della strada (la rete Internet, il Wi-Fi, il 4G).
Se tu costruisci una Ferrari meravigliosa ma non sai che la strada su cui dovrà correre è piena di buche, curve strette o è fatta di sterrato, la tua macchina si romperà dopo pochi metri. L'esame di Telecomunicazioni serve a insegnare al futuro informatico una lezione fondamentale: i tuoi programmi non vivono nel nulla, ma devono viaggiare nel mondo reale. E nel mondo reale c'è traffico, c'è rumore e c'è la distanza. Se non capisci la strada, non puoi costruire una buona macchina.
C'è poi un secondo motivo, forse ancora più importante. Questa materia è difficile. Richiede matematica, logica e tanta pazienza. Proprio per questo, funziona come un filtro. È come l'allenamento pesante per un atleta: non serve perché durante la partita solleverai pesi, ma perché sollevare pesi ti ha reso i muscoli forti per giocare la partita.
Chi supera lo scoglio delle Telecomunicazioni dimostra di avere una mente capace di ragionare su problemi complessi senza scoraggiarsi.
Chi cerca solo la scorciatoia ("voglio fare l'hacker in 5 minuti") di solito si ferma qui.
Chi invece ha la stoffa per diventare un vero ingegnere, stringe i denti e va avanti.
In fondo, questa selezione è una garanzia per tutti noi. Pensateci: quando usate l'app della banca per spostare i vostri soldi, o quando un ospedale usa un computer per un'operazione delicata, volete che quel software sia stato scritto da qualcuno che aveva fretta di finire o da qualcuno che ha imparato a gestire ogni minimo dettaglio, anche quelli più noiosi e difficili?
Ecco perché le Telecomunicazioni sono importanti. Non sono lì per dare fastidio agli studenti, ma per assicurarci che chi costruirà il nostro futuro digitale sappia davvero come funziona il mondo, fin dalle sue fondamenta invisibili.
Pagina creata nel dicembre 2025
Ultima modifica: 19 dicembre 2025